In  questi giorni si discute accesamente, oltre che sulla imprescindibile  necessità di ridurre gli sprechi nella spesa pubblica, su quale sia la manovra più equa  ed efficace per rilanciare l'economia e reperire rapidamente le risorse necessarie a risolvere  la crisi finanziaria che attanaglia l’Italia.
Credo  che la maggior parte degli italiani sarebbe favorevole a introdurre una  nuova imposta capace di colpire gli evasori fiscali, i collusi con  l’evasione fiscale e le attività illegali come la droga e la  prostituzione e che sia al tempo stesso in ampia misura evitabile dai  cittadini onesti.  Una chimera? No, una possibilità concreta: una tassa  sul ritiro del contante (sia allo sportello che al Bancomat) e una  identica trattenuta alla fonte sugli stipendi e le pensioni riscossi in  contanti (per esempio pari al 3% dell’ammontare prelevato).
Chi  non potrebbe in alcun modo evitare questa tassa? Certamente questa  tassa non potrebbe essere evitata dai cittadini (quanto meno dipendenti e  pensionati) che pagano in nero l’affitto, le collaboratrici domestiche,  gli artigiani, i professionisti o i commercianti e/o acquistano beni o  servizi illegali come la droga.  Dunque, tutti i pagamenti illegali o  effettuati verso evasori fiscali da parte della maggioranza degli  italiani sarebbero inevitabilmente tassati il 3% alla fonte.  Il che  creerebbe un primo allineamento degli interessi tra lo Stato e la  stragrande maggioranza di chi acquista beni e servizi.
Chi  invece potrebbe evitare di pagare la tassa sui prelievi?  Chi si fa  pagare lo stipendio o la pensione su conto corrente, paga il padrone di  casa o il mutuo con bonifico, fa la spesa e la benzina col bancomat,  paga l’imbianchino con assegno e il professionista e il ristoratore con  la carta di credito.  Con un piccolissimo sforzo il cittadino onesto può  sicuramente ridurre l’uso del contante a 200-300 euro al mese,  sostenendo dunque una tassa di 6-9 euro, ovvero di gran lunga meno di  quanto pagherebbe con un ulteriore aumento di un punto percentuale di  IVA.  Per evitare di danneggiare i più anziani si potrà studiare per  questi una forma di esenzione.
Per  le imprese sarebbe la stessa cosa: chi paga i propri fornitori con  bonifici, assegni o moneta elettronica potrebbe facilmente azzerare la  tassa, chi per qualche motivo vuole per forza pagare in contanti i fornitori sarebbe  costretto o a trattenere in cassa i pochi contanti che riceverà dai propri  clienti o a sostenere la  tassa del 3%.  Per evitare che i commercianti debbano ingiustamente  sostenere il costo delle commissioni bancarie relative ai pagamenti  ricevuti con moneta elettronica sarebbe necessario retrocedere questo costo  alla collettività, rendendo queste spese largamente detraibili.  Va da  sé che lo Stato dovrebbe sedersi al tavolo con le banche e negoziare  commissioni ragionevoli.
Cosa  è verosimile attendersi dall’introduzione di questa tassa?  A questo  livello di tassazione (3%) i primi a emergere sarebbero i commercianti  disonesti.  I cittadini (almeno tutti i dipendenti e pensionati)  ridurrebbero velocemente la propensione all’utilizzo del contante, si  doterebbero di strumenti di pagamento elettronico e cercherebbero di  pagare con bonifici, assegni e carte la maggior parte dei propri  acquisti.  I commercianti che non volessero dotarsi di POS o accettare  piccoli pagamenti con moneta elettronica verrebbero inevitabilmente  puniti dalla maggior parte dei consumatori.  La tassazione al 3% sul  prelievo di contante causerebbe dunque (1) l’emersione di buona parte  del nero fatto dai commercianti (che si unirebbero a dipendenti e  pensionati come categoria a bassa evasione), (2) la modernizzazione del  sistema di pagamenti nel settore del commercio e (3) la  familiarizzazione di quasi tutta la popolazione con i sistemi di  pagamento diversi dal contante.  
Non  appena gli italiani saranno completamente a loro agio con bonifici,  assegni, bancomat e carte di credito e il mondo del commercio si sarà  dotato di sistemi moderni per ricevere in modo rapido e efficiente  grandi e piccoli pagamenti, sarà socialmente accettabile innalzare la  tassa sul prelievo a un livello tale (10-15%) da costringere anche gli  evasori facenti parte delle altre categorie (artigiani, professionisti,  proprietari di immobili in locazione, ecc.) ad emergere. Le attività  illegali invece dovranno necessariamente rimanere sommerse e in sostanza  i relativi beni e servizi saranno soggetti a una sorta di IVA al  10-15%.
Stabilire  l’esatto gettito che verrebbe incassato dallo Stato con questa nuova  tassa non è cosa semplice, perché la base imponibile (ovvero l’ammontare  complessivo prelevato che attualmente è di circa 300-400 miliardi di  euro all’anno) muterebbe con l’introduzione della tassa stessa.  E’  assolutamente certo però che lo Stato, da subito, beneficerebbe di  entrate addizionali molto significative costituite oltre che dal gettito  generato dalla tassa sul prelievo anche e soprattutto dall’aumento del  gettito relativo ad altre tasse provocato dall’emersione del nero (tra  IVA, IRAP, IRES e IRPEF non è inverosimile pensare ad un extra gettito di  molte decine di miliardi di euro).  Trasferendo questo gettito ricevuto  dagli evasori (che hanno un’alta propensione al risparmio) ai lavoratori  onesti (che hanno un’alta propensione a consumare) attraverso un  abbassamento dell’IRPEF e alle aziende attraverso una riduzione del  costo del lavoro, avremo rilanciato consumi e occupazione, dando una  spinta decisiva alla crescita e alla sostenibilità del debito pubblico.
Inoltre,  contestualmente all’introduzione della tassa sui prelievi di contante,  sarebbe interessante prendere in considerazione l’ipotesi di un condono  fiscale a pagamento per incassare un’entrata una tantum da utilizzare  per abbattere il debito pubblico.  Gli evasori infatti, sapendo che la  tassa sul contante li costringerà a emergere molto velocemente (specie  se si annuncia l’intenzione di arrivare in poco tempo fino al 10-15% di  tassazione sul contante), per evitare che il fisco faccia accertamenti  sugli anni precedenti all’introduzione della tassa sul contante,  sarebbero costretti ad aderire al condono, restituendo in pratica parte  delle tasse evase negli anni passati.  Da un punto di vista morale si  può argomentare che chi in passato ha pagato in nero gli evasori (ovvero  la quasi totalità degli italiani, inclusi dipendenti e pensionati che  hanno sempre pagato l’IRPEF) ha in sostanza evaso l’IVA (che doveva  ricadere su di loro) e dunque il condono, in questo specifico caso, non è  una misura irragionevole.